Chiesa Santa Bibiana

rettoria

 


Come avrete già capito dalla locandina, questa sera, nel nostro consueto appuntamento di ottobre, non reciteremo il rosario, ma avremo occasione di percorrere la vita della Madonna attraverso alcune tra le più note rappresentazioni pittoriche della storia dell’arte.

L’incontro non è stato fatto in chiesa per motivi di ordine pratico, ma questo vuol essere comunque un ‘incontro di preghiera’.

I dipinti saranno descritti da notizie artistiche seguite da riflessioni tratte dalle Sacre Scritture, che ci aiuteranno nella meditazione. Ogni quadro sarà inoltre accompagnato da una preghiera.

Come diceva s. Agostino: “Noi non amiamo che il bello e Dio non è solo Verità, Eternità, Amore, ma anche Bellezza, anzi il “Padre della Bellezza”, la Bellezza di ogni bellezza”.  

E noi, attraverso la bellezza di questi capolavori fatti da mani d’uomo, cercheremo di risalire a Colei che Dio ha scelto per la sua bellezza perché diventasse la Madre di suo Figlio e Madre nostra.

 

(foto: Annunciazione Doria)

1 – ANNUNCIAZIONE                                                    

Iniziamo da “L’Annunciazione” del pittore fiorentino, Fra Filippo Lippi, dipinta tra il 1445 e il 1450.

È una tempera su tavola di 118 cm di altezza per 175 di base.

È conservata nella Galleria Doria Pamphili a Roma ed è, per questo motivo, comunemente nota come ‘Annunciazione Doria’.

In tutti i dipinti raffiguranti l’Annunciazione, Maria e l'angelo sono rappresentati alle estremità della scena, rivolti l'uno verso l'altra. Qui l’angelo proviene da destra, invece che dalla parte opposta, come più spesso accade in altre opere; ha una mano sul petto in segno di saluto, mentre Maria ha in una mano un libro chiuso e l'altra mano è aperta in atteggiamento vagamente interrogativo.

In alto, le mani di Dio fanno scendere dal cielo una colomba, simbolo dello Spirito Santo che sembra voler raggiungere, nel seno di Maria, il proprio nido.

L’ambientazione architettonica, giocata sulle ortogonali del pavimento a finti marmi e sulla solida gabbia prospettica dello spazio, richiama la cultura fiorentina dell’epoca.

Inoltre possiamo notare: la sorpresa di Maria che resta turbata all'annuncio dell’angelo; l'amore puro, verginale, simboleggiato dal giglio che l'Angelo porta in mano; la modestia e l'umiltà di Maria, rese attraverso il suo atteggiamento schivo; la sua devozione a Dio, esplicitata mediante il libro di preghiere aperto davanti a lei.

Questo dipinto, sicuramente ispirato dal Vangelo di Luca (1, 26-38) è pieno di contenuti interessanti; ci parla di un piccolo villaggio della Galilea chiamato Nazareth dove viveva nell’anonimato Maria, una Vergine sposata ad un uomo, Giuseppe, anch’esso sconosciuto ma discendente dalla casa di Davide e questa è l’unica cosa nota.

La Madonna è in un posto isolato e completamente sola. È il massimo di tutto ciò che il mondo detesta: essere soli, isolati, sconosciuti e, quel che è peggio, pregare!

Maria è anche una persona che dopo la sorpresa iniziale, comprende con chiarezza cosa Dio vuole da Lei e accetta la sua volontà. Il suo “Sì” rivela la sua straordinaria forza d’animo, la sua eccezionale profondità spirituale, piena di fede e di obbedienza.

Chiediamo a Lei di coprirci con il manto del Suo spirito, di darci un’onestà spirituale e materiale, fatta di chiarezza e di coerenza. 

Quanto coraggio hai avuto quel giorno, Maria, quando un angelo inviato dal Signore annunziò la tua gravidanza. Tu, poco più che una fanciulla, avresti portato in grembo il figlio di Dio. Il tuo “Sì” è ancora oggi una infinita spinta alla speranza e al vincere tutte le titubanze del futuro. La famiglia, i figli, il lavoro… tutto, oggi, sembrerebbe condizionato dal domani che non riusciamo a pianificare e a vedere come vorremmo che fosse. Tu avesti fiducia nel Signore. Credesti alle sue parole. E noi?

O Maria, tu sapevi che Gesù non sarebbe stato accolto dagli uomini. Sapevi che avrebbe sofferto molto. Eppure hai detto sì a Dio. Fammi capire quello che Dio vuole da me. Dammi la forza di fare sempre la sua volontà. Dammi la gioia di servire il Signore. Fa’ che Gesù abiti sempre dentro il mio cuore.

 

(foto: Annunciazione Doria + canto)

CANTO: SALVE O DOLCE VERGINE

Salve, o dolce Vergine, salve, o dolce Madre,

in te esulta tutta la terra e i cori degli angeli.

Tempio santo del Signore, gloria delle vergini,

Tu giardino del Paradiso, soavissimo fiore.

Tu sei trono altissimo, tu altar purissimo,

in te esulta, o piena di grazia, tutta la creazione.

Paradiso mistico, fonte sigillata,

il Signore in te germoglia l’albero della vita.

O Sovrana semplice, o Potente umile,

apri a noi le porte del cielo, dona a noi la luce.

Amen.

 

 

(foto: Visitazione)

2 – LA VISITAZIONE                                           

La “Visitazione”, qui riprodotta, è un olio su tavola di 202 cm di altezza per 165 di base, dipinta dal Pontormo tra il 1528 e il 1530. Jacopo Carucci, questo il suo vero nome, nacque a Pontorme, un quartiere di Empoli (Firenze) e da qui trae origine il soprannome ‘Pontormo’.

È stato uno dei padri del Manierismo italiano e il suo stile rappresenta una chiara sfida alla regolarità prospettica rinascimentale.

L'opera, nata per l'altare della famiglia Pinadori, è rimasta sempre nella chiesa alla quale era destinata ed è tuttora conservata nella cappella Capponi presso la propositura dei Santi Michele e Francesco a Carmignano (Prato). Propositura o prepositura, in Toscana, indica la chiesa parrocchiale; infatti, preposto o prevosto è il termine arcaico per indicare il parroco.

La ‘Visitazione’ del Pontormo è forse il punto più sublime di quella che lo storico dell’arte Andrè Chastel (Storia dell’arte italiana, Laterza, Bari, 1983, p. 397), definisce il primo periodo del Manierismo italiano.

La scena è ambientata in una oscura via cittadina, dove si riconoscono alcuni scarni edifici, non in scala, con la rappresentazione in primo piano di Maria ed Elisabetta che si scambiano un abbraccio ed un sguardo intenso. In secondo piano a sinistra una giovane Donna con uno sguardo vacuo e a destra una Donna anziana che guarda negli occhi lo spettatore.

Per l’autore è l'incontro ciò che conta; è nell’incontro che il mistero si consuma in un’architettura, sullo sfondo, arida e modernissima, che crea un'atmosfera sospesa e irrazionale. È l'incontro tra Maria ed Elisabetta che occupa l'intera scena. Gli abiti delle due donne, dalle tinte forti e dissonanti, si richiamano e si respingono insieme. Unico è il mistero che le avvolge, ma lontana è la natura delle rispettive maternità. Maria è al centro della scena, forse si è inginocchiata per salutare Elisabetta, riconoscendo in lei l'opera divina. L'anziana cugina non gliel’ha permesso e, nella mano sinistra, ancora s'indovina il movimento fermo di chi impugna l'altra e la rialza con forza. Gli sguardi, sono penetranti ed eloquenti. Anche Elisabetta riconosce il Mistero che è in Maria.

La testimonianza delle due donne è silenziosamente scritta nelle vesti e nelle loro figure allungate oltre misura. In queste forme allungate, avvertiamo la tensione verso l'alto, il desiderio di un divino che sembra essersi fatto, d'improvviso, lontano. Qui, le due donne sono testimoni del Mistero, dentro a un mondo sordo alla voce di Dio, un mondo freddo e distaccato come la città che le accoglie. 

 

Elisabetta, carica della tradizione degli antichi padri, è tutta sbilanciata verso Maria. Maria, dal canto suo, indugia un attimo prima di abbracciare la cugina. Trattiene lo slancio di lei e ne ricerca lo sguardo. Maria è l'immagine della novità del Vangelo che pur tuttavia non può fare a meno delle tradizioni antiche. Anche Maria ha avuto bisogno di essere sorretta nella fede: infatti Elisabetta, la cui maternità sconfigge la tragedia della sterilità, conferma la verità e la bontà dell'annuncio angelico.

I due volti che si affacciano dietro l'abbraccio delle cugine disturbano, inquietano, interpellano l'osservatore. Se ci soffermiamo un attimo a contemplarle, non fatichiamo a ritrovare nei loro lineamenti gli stessi tratti delle due donne in scena. Sono Maria ed Elisabetta che con occhi mesti scrutano il futuro, scrutano le future generazioni di credenti. L'intimità di questo incontro così alto è volutamente violata dalla presenza delle due figure frontali. Entrambe fissano chi guarda, come per invitarlo a fare memoria della scena che si svolge davanti a loro.

Appare chiaro che anche le due donne sullo sfondo, con la loro diversa età, rappresentano l’una la Chiesa ideale, il rinnovamento, l’altra la tradizione da conservare parzialmente. Esse sembrano dire: “Guardateci, siamo noi la giusta via da percorrere”.

Un altro dettaglio è l’espressione degli occhi: la Vergine ha uno sguardo di amorosa richiesta, mentre il volto di Elisabetta esprime tenera conferma, come a dire che la nuova Chiesa – Maria – chiede di essere ascoltata e accolta, mentre alla Chiesa romana – Elisabetta – tocca il ruolo d’accoglierla con tenerezza. Per avallare la propria legittimità, la nuova Chiesa, rappresentata dalla figura di Maria, si presenta ad Elisabetta con un gesto rivelatore cioè le tocca in modo innaturale, ma simbolico, il braccio: la posizione della mano destra di Maria, infatti, sembra evocare, attraverso una ripartizione innaturale delle dita, la Trinità.

Quale miglior viatico per rifondare la Chiesa cattolica?

Non dimentichiamoci che in quegli anni Martin Lutero inizia la Riforma protestante.

Tutti siamo chiamati alla beatitudine della fede che esse hanno meritato, siamo chiamati ad essere testimoni del loro medesimo mistero. A noi la risposta: sta a noi accendere la luce di Dio nell'oscuro delle città degli uomini.

Quanti chilometri avrai percorso a piedi? Anche se incinta, non hai esitato a correre in aiuto di tua cugina Elisabetta, avanti in età e agli ultimi mesi di gravidanza.

Quanti di noi, oggi, mettono al primo posto il prossimo a scapito del proprio tornaconto? Hai messo da parte te stesso, per donarti a chi ne aveva bisogno in quel momento?

Maria, tu hai portato Gesù a tutti noi. Anche in me Dio ha compiuto meraviglie. Mi ha dato la vita. Mi ha dato l’amore dei miei cari. Mi ricolma ogni giorno di beni.

Fa’ che sappia ringraziarlo con le tue stesse parole. Fa’ che mai si inorgoglisca il mio cuore. Fa’ che io rimanga piccolo, semplice e servizievole come te.

(foto: Adorazione Pastori)

3 – L’ADORAZIONE DEI PASTORI                              

Quella che ammiriamo ora è “L’Adorazione dei pastori”, un olio su tela di 147 cm di altezza per 166 di base, dipinto da Lorenzo Lotto nel 1530 e conservato nella Pinacoteca Tosio-Martinengo a Brescia. L’opera è firmata e datata: la scritta “L. Lotus 1530” è stata scoperta all’interno dell’intreccio di vimini, che fa da bordo alla cesta in cui è adagiato Gesù Bambino.

Venne commissionata dai nobiluomini perugini Braccio II e Sforza Baglioni, i quali probabilmente incontrarono l'artista nelle Marche, in occasione di un pellegrinaggio a Loreto.

Lorenzo Lotto fu tra i principali esponenti del Rinascimento veneziano del primo Cinquecento, sebbene la sua indole originale e anticonformista lo abbia portato presto a una sorta di emarginazione dal contesto lagunare, dominato da Tiziano. Dopo secoli di oblio, la sua figura fu riscoperta alla fine dell'Ottocento dal grande critico d'arte Bernard Berenson che ripercorse gli itinerari del peregrinare di Lorenzo Lotto svelando a poco a poco un eccellente artista rinascimentale, che poi fece conoscere al grande pubblico.

Tra i tanti quadri che parlano della nascita di Cristo, “l’Adorazione dei pastori” che stiamo osservando, si distingue per le intuizioni disarmanti della composizione.  Secondo lo stile di Lorenzo Lotto, la scena è compressa da un taglio stretto in cui i personaggi si affollano quasi sui bordi, ma riescono ad avere comunque ciascuno il proprio spazio.

La scena si svolge in una stalla. Le fonti di luce sono due, quella crepuscolare proveniente dalle piccole finestrelle dietro i personaggi, che pone la scena in un momento indefinito tra la notte e il giorno, e quella divina, soffusa e dorata, che sembra essere emanata, in maniera soprannaturale, dal Bambino stesso, che lascia, ad esempio, gli angeli e Giuseppe parzialmente in ombra. Al centro della scena naturalmente il Bambino, non rappresentato in braccio alla madre o addormentato come ogni neonato che si rispetti, ma arzillo e quasi scalciante, proteso verso l’agnello che gli porge uno dei pastori, in una posa naturale e molto umana. In primo piano Maria adora il Bambino inginocchiata sullo stesso giaciglio di paglia contenuto nei vimini in cui è deposto Gesù. Porta anche alla mano destra un anello, probabile allusione alla reliquia del Santo Anello, conservata nel Duomo di Perugia e ciò rafforza l'idea di un'opera nata per la città umbra.

Un piccolo chiarimento sulla reliquia del Santo Anello: è l'anello nuziale che, secondo la tradizione popolare, non comprovata, san Giuseppe avrebbe regalato a Maria per il loro sposalizio.

La reliquia è oggi conservata in una cappella della cattedrale di san Lorenzo a Perugia.

Per giungere al reliquiario, contenuto in un forziere, servono ben 14 chiavi.

Tornando al nostro quadro, dietro Maria si vedono san Giuseppe in ombra e l'asinello in controluce; al centro, molto scuro, il bue, mentre a destra si vedono i due pastori introdotti da altrettanti angeli.

I pastori non sono quello che sembrano. Lotto qui ritrae i committenti dell’opera, due nobili perugini, travestiti letteralmente da pastori, come testimoniano le casacche apparentemente modeste nei toni sgargianti del giallo e del vinaccia, indossate per coprire i veri abiti che denunciano la loro posizione sociale. Hanno volti fortemente caratterizzati, uno con i capelli a caschetto, l'altro con un avvio di canizie, entrambi con la barba e con lineamenti che si rassomigliano, proprio come se fossero fratelli.

Uno di loro tende al Bambino un agnello, che il fanciullo tocca incuriosito allungando le braccine con un gesto di viva quotidianità. I genitori guardano ma non sorridono anzi, nessuno sorride davanti ad una scena che, nella quotidianità, potrebbe essere allegra, se non buffa: la reazione di un bambino di fronte a un animale tenero come lui.

C’è una tensione sospesa in tutti i personaggi, espressione della consapevolezza del vero significato dell’incontro tra il Bambino e l’Agnello. L’animale è infatti il simbolo del futuro del piccolo: il sacrificio di sé stesso che sarà chiamato a compiere per salvare l’umanità.

Lorenzo Lotto, in questa raffigurazione, racconta un messaggio teologico chiaro e potente: è nato il Nostro Signore che, come nella Professione di fede, il Credo, diciamo “...generato, non creato, della stessa sostanza del Padre... Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo...”.

Ogni anno assistiamo al miracolo del Natale e ci dimentichiamo che cosa voglia dire veramente: la nascita di una nuova possibilità, l’arrivo di qualcuno che fa suo il nostro dolore in un accogliersi reciproco, che ci aiuta a superare il buio che avvolge le nostre vite.

Nessuno vi ha accolto. Una squallida grotta è stata la prima casa di tuo Figlio, come se l’umiltà dovesse contraddistinguere tutta una vita. E le parole di Dio? La gravidanza? L’annuncio dell’angelo?  Quanti dubbi t’avranno riempita in quei momenti, ma sei stata più forte di tutto, perfino delle persecuzioni. Insieme a Giuseppe hai superato tutto.

O Maria, anch’io, come i pastori ed i magi, voglio dire a Gesù un grazie perché è venuto ad abitare in mezzo a noi. Voglio donargli il mio cuore. Fa’, o Maria, che la pace regni nel mondo. Fa’ che gli uomini smettano di odiarsi e di uccidersi tra loro.

 

 

(foto: Adorazione Pastori + canto)

CANTO: DONNA MARIA

Donna vestita di sole donna vestita di colori

donna sei madre nel dolore donna sei madre nell’amore

madre, speranza di ogni cuore, Maria.

Giunge l’invito di Dio vuole che madre sia per lui

e nel silenzio di una casa egli ti prende come sposa

genera il tuo figlio divino, Maria.

Ave Maria, Ave Maria, Ave Maria.

Nasce, tu guardi quel figlio sole di notte in una stalla

canti per lui la ninna nanna strade deserte ti darà

e faticando crederai, Maria.

Sempre vivi solo per lui e sei felice se lo è lui

muori con lui sotto la croce e quella sua è la tua voce

oggi lo doni ai figli tuoi, Maria.

Ave Maria, Ave Maria, Ave Maria.

 

(foto: Presentazione al Tempio)

4 – PRESENTAZIONE AL TEMPIO                   

Parliamo ora della “Presentazione di Gesù al Tempio” qui riprodotta. È un olio su tela di 260 cm di altezza per 150 di base, dipinta tra il 1575 e 1599 da Giacomo Negretti detto Palma il Giovane per distinguerlo dallo zio, detto Palma il Vecchio, anche lui pittore.

Nel corso della sua vita Palma il Giovane è estremamente prolifico: dotato di un’incredibile facilità di dipingere, mostra nelle sue tele un ottimo chiaroscuro, una felice distribuzione dei volumi, una spiccata abilità ritrattistica, non disgiunta da una grandiosità di sapore romano.

Tra le sue migliori opere rientra questa “Presentazione di Gesù al Tempio” la cui autenticità è confermata dall’iscrizione “IACOBVS PALMA P.” riportata sul secondo gradino del Tempio.

Nel 2014 l’opera è stata sottoposta a un trattamento di recupero conservativo e successivamente ricollocata sull’altare della Pieve di Santa Maria di Tricesimo (Udine), in occasione della festività della Purificazione di Maria a cui la tela fa esplicito riferimento dal momento che insieme alla presentazione del primogenito al Tempio, avveniva anche la purificazione della puerpera.

Questa bella pala d’altare, si fa apprezzare per la corretta impaginazione, la suadente cromia (che il restauro ci ha restituito nella sua originalità), i veristici ritratti dei presenti e i piacevoli particolari.

La scena raffigura il momento della presentazione di Gesù al Tempio da parte di Maria e Giuseppe. Sui gradini un fanciullo regge la gabbia con le colombe offerte per il rito della Purificazione di Maria. In primo piano sui due lati, assistono alla cerimonia i santi Giovanni Battista e Giacomo il maggiore, in preghiera assieme altri personaggi. Ma le figure principali sono la Vergine che sorregge il Bambino proteso verso Simeone, sommo sacerdote, e il vecchio sacerdote che è in fremente attesa di avere il Bambino tra le sue braccia.

È una scena molto suggestiva. C’è forse qualcosa al mondo di più gioioso di un incontro con qualcuno che si ama? In questa prospettiva vivere è un’attesa, un protendersi verso questo incontro. Simeone non è forse un simbolo anticipatore di questo? Non è forse la sua vita simbolo dell’attesa? Questo vecchio uomo ha speso tutta la vita nell’attesa della luce che illumina ogni uomo, che ricolma tutto con la sua gioia. E quanto inatteso, quanto inaspettato, quanto bene indicibile sopraggiunge a lui attraverso questo Bambino. Possiamo immaginare le mani tremanti di questo vecchio che accoglie tra le sue braccia un bimbo di quaranta giorni, con quanta più tenerezza e attenzione possibile. Simeone attendeva. Attendeva da tutta la vita, meditando, pregando e approfondendo quello che attendeva, rendendo la sua vita una perenne vigilia di questo gioioso incontro.

Non è il caso di chiedere a noi stessi cosa stiamo attendendo?  Cosa il nostro cuore ci ricorda con più insistenza? La nostra vita si sta gradualmente trasformando, in questa attesa di incontro con l’essenziale, con Gesù?

Come tutte le madri del tuo tempo hai portato tuo figlio al tempio. Quando il bimbo fu tra le braccia del vecchio Simeone, le sue parole profetiche sicuramente ti turbarono. Tuo figlio avrebbe sofferto per il bene dell’umanità e tu con lui. Ti si presentava una vita di sofferenza e tu l’hai vissuta per intero senza scegliere strade più facili.

Maria, anch’io vorrei tenere Gesù tra le mie braccia. Ma so che è vicino a me, dentro di me. Quando mi sento triste, o Maria, ricordami che Gesù mi ama. Quando mi sento solo, ricordami che Gesù è mio amico. Quando sono nel dolore, ricordami che Gesù mi porta allora lui in braccio.

 

(foto: Le Nozze di Cana)

5 – LE NOZZE DI CANA                                      

Vediamo ora la pregevole rappresentazione delle ”Nozze di Cana”.

È un affresco di 185 cm di altezza per 200 di base, dipinto da Giotto tra il 1303 e il 1305 circa ed è conservato nella Cappella degli Scrovegni a Padova.

Una brevissima parentesi sulla Cappella degli Scrovegni che è un prezioso scrigno di opere d’arte.

(foto: Cappella degli Scrovegni)

È un capolavoro della pittura del Trecento italiano ed è considerato il ciclo più completo di affreschi realizzato da Giotto, il grande maestro toscano nella sua maturità.

Il senso della natura e della storia, il senso di umanità e di fede sono fusi assieme per narrare in un modo unico, irripetibile, le storie della Madonna e di Cristo.

Il ciclo pittorico è sviluppato in tre temi principali: gli episodi della vita di Gioacchino e Anna (riquadri 1-6), gli episodi della vita di Maria (riquadri 7-13) e gli episodi della vita e morte di Cristo. In basso a questi affreschi, una serie di riquadri illustra le allegorie dei Vizi e delle Virtù. L’opera, le Nozze di Cana, è compresa nelle ‘Storie di Gesù’ del registro centrale superiore, nella parete sinistra guardando verso l'altare.

(foto: Le Nozze di Cana)

Tornando al dipinto, la scena è ambientata in una stanza, convenzionalmente aperta verso il cielo ma da intendersi al chiuso, descritta con un’attenzione particolare ai dettagli: drappi rossi rigati coprono le pareti; un fregio corre in alto e, sempre in alto, stanno grate lignee traforate rette da mensole, sulle quali si trovano dei vasi e degli elementi decorativi. Elegantissima è la cromia pastello, che accentua col chiaroscuro i volumi plastici delle figure. Notevole cura è riposta nella descrizione degli oggetti, dalla tovaglia candida con orditi che creano fasce di diverso colore, alle giare finemente scanalate, fino alle suppellettili e alle pietanze sulla tavola.

Seguendo il Vangelo di Giovanni è mostrato il momento in cui, seduto a sinistra accanto allo sposo e vicino a un apostolo, – forse Andrea o forse Pietro, non tutti i critici sono d’accordo – Gesù benedice con un gesto l'acqua versata nelle grandi giare dall'altra parte della stanza, trasformandola in vino.

Per sant’Agostino (354-430) in quelle giare, nelle “sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei” (Gv 2,6), c’è tutta la storia del mondo. Rappresentano le sei età in cui, sulla scia di Eusebio di Cesarea (265-340), sant’Agostino divide la storia: da Adamo a Noè, da Noè ad Abramo, da Abramo a Davide, da Davide alla deportazione degli Ebrei a Babilonia, da tale deportazione alla nascita di Gesù Cristo, dal Natale al Giudizio Universale. E, poiché il microcosmo umano riproduce il macrocosmo, le sei giare rappresentano anche le sei fasi della vita dell’uomo, dall’infanzia alla vecchiaia.

Nel dipinto, sulla destra quasi di fronte a Maria, il grasso maestro di mensa assaggia con un bicchiere la bevanda e, stando al racconto evangelico di Giovanni (2,10) pronuncia la frase "...tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora!".

Il maestro di mensa e il ragazzo dietro di lui sono così ben caratterizzati da far ipotizzare che si tratti di raffigurazioni di personaggi realmente esistiti. Il lato del tavolo rivolto allo spettatore ha al centro la sposa, vestita con un abito rosso ricamato con finezza; seduta alla sua sinistra la Madonna benedicente, e alla sua destra un'altra ragazza con una corona di fiori in testa. Due inservienti stanno dall'altra parte del tavolo.

È Maria che assume il ruolo principale: la cappella è dedicata a lei e qui Giotto vuole sottolineare il valore della preghiera di intercessione. Con una sensibilità tipicamente femminile, Maria avverte la situazione di rischio che gli sposi corrono: fare una brutta figura con gli invitati. Perciò, sfruttando il suo potere di convincimento su Gesù, quasi lo “costringe” al primo miracolo. È il miracolo della trasformazione dell'acqua in vino, è il primo "segno" che illustra il vero carattere della figura di Cristo: questo è infatti il primo, nel Vangelo di Giovanni, di una serie di sette miracoli che rivelano, in progressione, chi è Gesù. È la prima rivelazione della sua "gloria" attraverso i temi del compimento delle promesse messianiche.

In Galilea, dunque, per opera di Cristo, l'acqua diventa vino; fugge l'ombra, subentra la realtà; le cose materiali vengono messe a confronto con quelle spirituali; scompare la legge e le succede la grazia; la vecchia osservanza cede il posto al Nuovo Testamento. San Paolo afferma: "Le cose vecchie sono passate, ecco, ne sono nate di nuove" (2 Cor 5, 17).

Come l'acqua contenuta nelle giare non perde nulla di quello che era e comincia ad essere quello che non era, così la Legge non è stata sminuita dalla venuta di Cristo ma avvantaggiata, perché da essa ha ricevuto il suo completamento.

Che la fede come capacità di sguardo nuovo che vada anche oltre l’apparente umano sia il tema scelto da Giotto è confermato anche dal fatto che tralascia tutti gli altri invitati e concentra tutta la sua attenzione sui sei commensali. Ma sei sono anche le giare piene di vino, una a testa: è un’esagerazione! E qual è il messaggio? L’amore di Dio è senza misura, va sempre oltre... fino al dono di sé, perché le persone, per Lui contano più di tutte le cose.

Ora una riflessione è d’obbligo: nelle nostre feste, nel nostro modo di far festa, vengono prima le persone o altre cose? Gli altri, la loro felicità, il fatto che si trovino a proprio agio, il piacere di stare con loro... è la nostra prima preoccupazione oppure, al vertice, ci sta altro e loro rischiano di essere ridotti a puro mezzo per raggiungere quel fine, far festa? Quando si osservano certi modi di far festa all’insegna dello sballo, ubriacature, roba da fumare o anche peggio... qualche dubbio viene... o no? O è normale?

Tu e Gesù stavate partecipando al banchetto di un matrimonio. Lì, in un momento di necessità, per fare in modo che la convivialità continuasse senza problemi e mancanze, chiedesti a tuo figlio un gesto miracoloso. Lui lo compì, ma solo perché fosti tu a chiederlo. Da allora intercedi presso di lui portando le nostre preghiere, le nostre pretese, le nostre ansie, i nostri problemi. Tu pazientemente ascolti e ci sostieni come quel giorno a Cana.

Maria, mamma cara, tu hai salvato gli sposi a Cana procurando loro il vino per la festa. Aiuta anche me nei momenti difficili della vita.

 

(foto: Le Nozze di Cana + canto)

CANTO: SANTA MARIA DEL CAMMINO

Mentre trascorre la vita solo tu non sei mai ;

Santa Maria del cammino sempre sarà con te.

Vieni, o Madre, in mezzo a noi,

vieni Maria quaggiù,

cammineremo insieme a te verso la libertà.

Quando qualcuno ti dice: “ Nulla mai cambierà”,

lotta per un mondo nuovo, lotta per la verità.

Quando ti senti ormai stanco e sembra inutile andar,

tu vai tracciando un cammino: un altro ti seguirà.

 

(foto: Trittico della Crocifissione)

6 – TRITTICO DELLA CROCIFISSIONE                   

L’opera che stiamo ammirando è il “Trittico della Crocefissione”. 

Si definisce trittico un’opera composta da tre diversi dipinti incorniciati e uniti tra loro. Sono tre le tavole dipinte a olio da Roger Van der Weyden tra il 1445 e il 1450 e sono conservate a Vienna.

La tavola centrale con “Cristo crocifisso” è di 95,5 cm di altezza per 73 di base; le due tavole laterali sono di altezza uguale a quella centrale, ma la loro base è di 27 centimetri.

Van der Weyden fu uno dei più grandi maestri della prima pittura fiamminga del XV secolo e fu tenuto in grande considerazione dai contemporanei, ma il suo nome cadde nella dimenticanza nei secoli successivi per tornare alla luce soltanto verso la metà del 1800.

Le tre tavole incorniciate oltre ad essere fisicamente unite tra loro, lo sono anche pittoricamente perché nello sfondo il paesaggio, con villaggi, alberi e colline, continua senza interruzione in tutte e tre le tavole, accentuando così l’unità della composizione.

Molto libero è l’utilizzo dello spazio nello sviluppo dell’opera, considerando che il rapporto tra i vari personaggi è reso con grande fedeltà alla visione naturale.

Nelle tavole laterali, a sinistra è dipinta, in atteggiamento molto triste Maria Maddalena. Tiene nella mano destra l’ampolla di olio con il quale ha unto i piedi di Gesù e usa l’altra per asciugare una lacrima con un lembo del mantello, segno di pentimento dei peccati commessi. A destra si comprende subito che è raffigurata la Veronica che mostra, a quanti la osservano, il Volto che Gesù ha lasciato sul panno da lei usato per asciugargli il sangue e il sudore provocato dall’enorme fatica fatta per trascinare la Croce sulla via del Calvario.

Nel quadro centrale, una grande croce s’innalza così tanto da dare l’impressione che invada il cielo, eccezionalmente azzurro, dove volano due angeli scuri, bui perché addolorati nel vedere che il loro Signore sta morendo. In sincronia con questi, anche nelle tavole laterali, volano due angeli ugualmente cupi.

Su questa grande croce è inchiodato Gesù che, con la testa reclinata, sta esalando l’ultimo respiro.

Al di sotto dei suoi piedi c’è Maria che, con estrema sofferenza, abbraccia la Croce e, dietro Lei Giovanni che, sorreggendola, guarda incredulo il suo Maestro appeso alla Croce. Sulla destra sono raffigurati i committenti dell’opera.

(foto: Trittico della Crocifissione: particolare)

Con le lacrime agli occhi e abbracciata alla Croce, Maria fissa il volto del diletto Figlio agonizzante, come per leggergli negli occhi l’interna angoscia e la sofferenza che sta patendo.

E soffre tanto anche Lei. Solo una madre conosce l’atroce strazio che provoca la morte di un figlio.

Pensiamo, riflettiamo un attimo su quello che Maria può aver patito nel vedere il suo amato Gesù in quelle condizioni:

(foto: Trittico della Crocifissione)

non solo sta morendo, ma in che modo! Appeso, inchiodato su una croce, dopo essere stato flagellato e coronato di spine: è irriconoscibile!

(breve pausa)

Gesù se avesse voluto dominare o mostrare tutta la sua onnipotenza, non si sarebbe fatto trattare così. Ciò che l'ha portato a essere appeso a questo legno è il suo desiderio di redimere gli uomini dall’offesa fatta a Dio, suo Padre, nell’Eden dai nostri progenitori Adamo ed Eva.

Vedendolo sulla Croce, viene da dire che l'amore di Dio si dimostra con comportamenti decisamente umili: nasce in una stalla, diventa uno di noi, lava i piedi dei suoi apostoli, si spezza come un pane, e ora si lascia spogliare, straziare, esporre, perché l’umanità sia redenta e riceva la speranza. Sulla croce Dio si rivela veramente per la tenerezza che prova verso l’umanità ed è pronto a fare di tutto per noi!

La gloria non lo interessa, altrimenti non avrebbe accettato di morire sulla croce; il fasto non lo interessa, altrimenti non avrebbe accettato i colpi e i chiodi; l'oro non lo interessa, altrimenti non avrebbe accettato di essere inchiodato su di un legno sporco di sangue e di sudore. Al nostro Dio non interessa ricevere, ma dare, dare tutto, offrirsi completamente per il mondo.

Gesù è veramente il Signore, pieno d'amore! 

Così la Croce, da strumento di morte è diventata strumento di Vita. È diventata il segno di riconoscimento di tutti quelli che credono in Lui e, proprio attraverso questo segno, annunciano che l'amore di Dio è per tutti gli uomini. La Croce è diventata il segno di un mondo nuovo che lotta contro l'odio attraverso il perdono; un mondo in cui ci si rivolge a Dio come a un Padre; un mondo in cui il cuore dell'uomo può sfuggire al potere del male e il potere della morte può essere infranto.

Farsi il segno della croce significa affermare:

"Signore, eccoci: siamo disposti ad amarti e ad amare come Tu ci hai amato!".

 

Eccoti ai piedi della croce. Gesù ha dei chiodi nelle mani e nei piedi e non può scendere dalla sua croce. Questa fu la morte che con arroganza gli fu assegnata: quella più vile, quella più disprezzata. La morte allontana, emargina, tu rimanesti lì a piangere tuo figlio e a sperare nelle sue parole.

O Maria, sulla croce Gesù mi ha affidato a te. Insegnami a sacrificarmi per la gioia degli altri. Insegnami a pregare il Padre anche quando sono nel dolore. Insegnami a perdonare quelli che mi fanno del male.

 

(foto:  Pentecoste)

7 – PENTECOSTE                                                              

Siamo arrivati alla “Pentecoste”. È un olio su tela di 470 cm di altezza per 273 di base, dipinto da Rubens, pittore fiammingo che può considerarsi “l’archetipo”, il prototipo dello stile barocco, che ha aperto la via all’insorgente barocco europeo, nordico e francese in particolare.

Rubens ha immaginato la Pentecoste e l’ha trasferita sulla tela come un’improvvisa esplosione di luce i cui raggi, scendendo, si tramutano in tante fiammelle che si fermano sul capo di Maria e degli Apostoli riuniti nello stesso luogo. Al centro dell’abbagliante chiarore c’è una colomba, simbolo dello Spirito Santo. Maria rimane composta nel suo atteggiamento di preghiera, mentre gli Apostoli rimangono disorientati alcuni, oranti altri, ma i più sono sorpresi e meravigliati.

Sicuramente Rubens è stato ispirato dalla lettura degli Atti degli Apostoli, dove al cap. 2 (versetti 3-4), tra l’altro, è scritto: “Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo...”.

Lo Spirito fonda l’uguale dignità di tutti i credenti e nello stesso tempo, conferisce carismi e ministeri diversi e costruisce la Chiesa con l’apporto di una molteplicità di doni.

Seguendo un testo di Isaia, l’insegnamento della Chiesa, ne elenca sette: sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timore di Dio. Inizialmente sono donati con la grazia del Battesimo e poi confermati dal sacramento della Cresima.

Lo Spirito Santo è certo la più inafferrabile delle Persone della Santissima Trinità, talmente inafferrabile da non avere nemmeno un nome capace di definirlo; nello stesso tempo è forza, energia è alito di vita. È colui che anima la creazione fin dalle origini, aleggiando sulle acque di una terra informe e deserta (Gen 1,2), e trasforma la creatura in una persona, fatta a immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gen 1,26). Lo Spirito Santo, infatti, è il respiro di Dio comunicato all’uomo, Spirito che abita dentro di lui e lo rende capace di amare e di rivolgersi a Dio chiamandolo con il dolce nome di Padre (cfr. Rm 8,15).

Sant'Agostino dice che fino a quel momento, la Pentecoste, la Chiesa era come quel pupazzetto di creta che Dio aveva fatto con le sue mani e su cui alitò il suo Spirito infondendogli l'anima.

Nel giorno della Pentecoste Dio diede l'anima alla Chiesa, un'anima che non lascerà mai quel corpo per cui la Chiesa vivrà per sempre.

Oggi godiamo della Chiesa, siamo felici di essere Chiesa e riflettiamo sulla Chiesa. È prima di tutto un dono di Dio fatto all'umanità.

Non è un peso che limita la libertà dell'uomo come pensa un certo laicismo, ma un gruppo di amici di Cristo, mandati nel mondo per perdonare e insegnare la misericordia. 

Sotto forma di lingue di fuoco, lo Spirito Santo discese sopra gli apostoli e su di te. Eravate chiusi nel Cenacolo, nel luogo in cui aspettavate di capire cosa fare. Gli apostoli iniziarono a parlare in tutte le lingue, come a significare che ciò che avevano visto era un bene per tutti e a tutti dovevano raccontarlo, così come ancora oggi a tutti va fatto conoscere quell’uomo chiamato Gesù.

O Maria, tu hai aiutato fin dall’inizio la Chiesa. Sei stata una mamma per gli apostoli. Hai insegnato loro a pregare. Rimani sempre accanto a noi. Aiutaci nei momenti di paura. Rendici coraggiosi come gli apostoli.

 

(foto:  Pentecoste + canto)

CANTO: ERANO UN CUORE SOLO

Resta con noi, apri i nostri occhi:

manda il tuo Spirito e ti riconosceremo

e ti riconosceremo allo spezzar del pane.

Alleluia,  Alleluia,  Alleluia.

Alleluia,  Alleluia,  Alleluia.

Erano assidui nell’ascoltare

l’insegnamento degli apostoli,

nella comunione fraterna,

nella frazione del pane

e nella preghiera, e nella preghiera.

 

Tutti i credenti stavano insieme

mettendo in comune i loro beni.

E spezzavano il pane nelle case

e prendevano i pasti con letizia

e semplice cuore, e semplice cuore.

 

Un cuore solo e un’anima sola,

nella stima di tutti lodavano Iddio

e Dio rafforzava con miracoli

la Parola degli Apostoli

e  l’Evangelo, e l’Evangelo.

 

8 – ASSUNTA                                                                    

Siamo giunti alla conclusione gloriosa della vita di Maria, “Assunta” in cielo in corpo e anima. Ma non è l’ultimo quadro del nostro momento di ‘arte e preghiera’, perché a quest’ultimo dipinto ne seguiranno altri due: la “Madonna della Misericordia”, in onore del Giubileo che si concluderà il mese prossimo, e la “Madonna del Rosario”, festeggiata in questo mese e alla quale, da tutto il mondo cattolico, è giunta la solenne Supplica.

(foto: Assunta)

Il dipinto che stiamo ammirando è “l’Assunta”, un olio su tela applicata a 21 tavole di legno disposte orizzontalmente su uno spazio 668 cm di altezza per 344 di base, dipinto da Tiziano tra il 1516 e il 1518 per la basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari a Venezia dove decora, oggi come allora, l’altare maggiore.

L'opera, indiscutibile e straordinario capolavoro dell'artista, fu commissionata a Tiziano dai francescani del convento dei Frari come ancona (pala d'altare) e rivela la volontà del pittore di rinnovare il modo di concepire l'impostazione compositiva dei dipinti destinati agli altari. Infatti,

fu un'opera così innovativa da lasciare attoniti i contemporanei, consacrando definitivamente Tiziano, allora poco più che trentenne, nell'Olimpo dei grandi Maestri del Rinascimento italiano.

L’ancona, alta quasi sette metri, ha uno straordinario legame con l’architettura gotica della basilica.

(foto: Assunta, vista da ingresso)

Infatti dall’ingresso della basilica, l'ancona con l'«Assunta» risulta perfettamente inquadrata prospetticamente entro l'arco che divide in due il "septo" marmoreo che racchiude il coro ligneo.

(foto: Assunta in presbiterio)

Vediamo anche come “l'Assunta”, collocata nel presbiterio, ‘leghi’ con il resto dell’architettura. Da notare a sinistra il prezioso Crocifisso del duecento.

(foto: Assunta)

L’assunzione della Vergine, cioè la salita in cielo di Maria al cospetto degli Apostoli e accolta da Dio in paradiso, venne risolta in maniera innovativa: scomparso il tradizionale sarcofago e quindi i riferimenti alla morte, tutto si concentra sul moto ascensionale di Maria, sulla sfolgorante apparizione divina e sullo sconcerto creato da tale visione.

I momenti dell'assunzione e dell'incoronazione sono accostati con originalità.

In tre registri sovrapposti: gli Apostoli in basso, Maria trasportata su una nube spinta da angeli al centro e Dio Padre tra angeli in alto, sono collegati da un continuo rimando di sguardi e gesti. Si crea così una sorta di movimento ascensionale, di straordinario dinamismo.

(foto: Assunta, triangolo)

La composizione può essere letta anche come una piramide, che attrae gli occhi dell’osservatore; infatti, le tre aree di colore rosso delle vesti dei due apostoli e della veste di Maria formano un triangolo con il vertice acuto che punta verso la quarta area rossa, quella del Padre Eterno, verso la quale Maria e il nostro sguardo sono attratti.          

Probabilmente Tiziano non fu estraneo alla progettazione dell'ancona, e quindi alle dimensioni che avrebbe avuto il suo dipinto.

(foto: Assunta, cerchio)

Costruisce il suo dipinto utilizzando gli spazi determinati da un cerchio sovrapposto ad un quadrato: è nella parte terrena dove Tiziano esibisce tutto il suo manierismo con le figure degli apostoli che si agitano in posizioni scomposte: chi di schiena, chi di fronte, chi con le braccia alzate.

Lo spazio sopra è un cerchio perfetto, dove ogni punto è equidistante dal centro: e il centro è il volto della Madonna. Con il cerchio ci troviamo in un'altra dimensione, quella celeste, quella dell'infinito e questa contrapposizione tra quadrato e cerchio è antichissima.

Il suolo, la terra sono palpabili, concreti, misurabili, e quindi rappresentati da un quadrato, da un qualcosa che ha dei limiti e dei confini, i lati e gli angoli.

Al contrario il cielo non appare solido e materiale, ma impalpabile e non misurabile a causa dell'assenza di punti di riferimento fissi e quindi non gli si possono attribuire dei limiti: proprio per questo viene rappresentato come un cerchio, una circonferenza che non ha un punto d'inizio ed uno di fine, cioè un ciclo eterno ed infinito.

Alziamo lo sguardo ed incontriamo il cerchio celeste, il cerchio della dimensione infinita di Dio. Ma non è l'unico cerchio: c'è tutta una serie di elementi circolari. Un arco di cerchio è tracciato dalle nuvole, quasi una ghirlanda circolare è formata dai grappoli di angioletti, circolare è il gesto compiuto dalla Madonna con le braccia, circolare è la corona che un angelo proveniente da destra le porge, circolare è l'abbraccio con il Padre Eterno.

(foto: Assunta)

Maria non ha le sembianze della giovinetta dell'Annunciazione: è una donna matura, una donna che ha vissuto ed ha sofferto nella sua vita. Davanti all'incontro con Dio spalanca le braccia, con lo stesso gesto dell’Annunciazione, quando ha pronunciato quel "Sì": “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. E a quel "Sì" è restata sempre fedele.

Al termine della tua vita terrena, Maria, fosti chiamata in cielo. Come addormentata, e non morta, la tua vita non fu interrotta bruscamente, ma la tua assunzione al cospetto di Dio fu un’ulteriore indicazione della meta da ambire: il Paradiso.

O Maria, tu sei in cielo la gioia degli angeli e dei santi. Non dimenticarti di noi. Sei la nostra guida. Chiamaci a te, attiraci a te. Mostraci la via sicura per giungere al cielo. Mostraci un giorno Gesù, il tuo Figlio benedetto.

(foto: Madonna della Misericordia)

9 – LA MADONNA DELLA MISERICORDIA

Vincenzo Tamagni è un pittore toscano poco noto. Il quadro che vi mostriamo è un suo dipinto “La Madonna della Misericordia”, probabilmente eseguito nel 1527. È un olio su tela conservato nel Museo civico e diocesano di Montalcino (Siena). Al centro c’è l’immagine della Vergine che accoglie, sotto il suo manto, i membri di una confraternita.

La composizione, perfettamente in linea con la tradizione quattrocentesca evidenziata anche dal fondo oro, è incentrata sull’elegante figura della Vergine che accoglie, sotto il manto sorretto da angioletti, i fedeli che, in questo caso, sono i confratelli e consorelle della Compagnia dei Bianchi dalle caratteristiche cappe bianche e con i volti adoranti la Vergine. Il perfetto ovale del volto di Maria si riflette nell’elegante veste decorata con i motivi di gigli dorati alludenti alla castità.

Gli angeli che si librano sullo sfondo dorato porgendo la corona sul capo della Vergine, sono caratterizzati da colori tenui e da un disegno così preciso che paiono come ritagliati. La composizione è piuttosto “statica” ed i personaggi comunicano un sentimento di quieto e popolare misticismo.

Le confraternite, organizzazioni di privati e quindi non necessariamente ecclesiastiche, nascono in quel periodo storico per aiutare le persone bisognose e vengono sostenute dalla Chiesa. La Madonna della Misericordia diventa quindi per antonomasia la loro protettrice.

In quei tempi nei quali non esisteva un’assistenza pubblica, le persone potevano trovarsi abbastanza facilmente in povertà o in una reale necessità di aiuto. Bastava che una donna rimanesse vedova, dei bambini orfani o più semplicemente, in caso di malattia di chi lavorava, perché una persona o delle famiglie finissero in miseria. 

Le opere di misericordia, facevano parte quindi della vita e della realtà quotidiana.

Proliferano i dipinti e lo schema è quello della Madonna che protegge e che accoglie sotto il suo  manto, un gruppo di persone. I membri delle confraternite, quando mettevano in pratica le opere di misericordia portavano il cappuccio per non farsi riconoscere dalla persona oggetto della loro carità; dal malato che assistevano, dal pellegrino che soccorrevano, da chi riceveva un pasto caldo. Questa è infatti la vera misericordia. In un piccolo centro dove tutti si conoscevano, l’appartenere ad una confraternita era un fatto notorio, ma in questo modo il merito non andava alla persona, ma alla confraternita stessa e chi riceveva, cioè il beneficio, non correva il rischio di sentirsi in imbarazzo davanti alla persona che l’aveva soccorso.

Maria, Dio ti ha prescelta per essere Madre del suo Figlio fatto uomo e, di conseguenza, ti ha preservata dal peccato originale. Per quest’opera della sua misericordia, Dio ha voluto aver bisogno del tuo “sì”, perché tu diventassi la Madre di Gesù, il Volto umano della Divina Misericordia. E tu, Maria, sei diventata e rimani per sempre la “Madre della Misericordia”. In mezzo alle prove della vita e, specialmente, alle contraddizioni che l’uomo sperimenta, tu, Maria, ci dici che la misericordia di Dio è più potente del male e sa trasformarlo in bene.

Madre di Misericordia, tu che continui ad invitare i tuoi figli a ritornare a Dio, aiutami ad affidarmi a Lui nella preghiera, a bussare con fiduciosa insistenza alla porta del suo Cuore perché riversi nel mio cuore il suo amore ed io sia capace di usare misericordia nei miei rapporti con il prossimo.

 

(foto: Madonna della Misericordia + canto)

CANTO: SOTTO IL TUO MANTO

Sotto il tuo manto, nella tua protezione

Madre di Dio, noi cerchiamo rifugio.

Santa Madre del Redentore.

    Santa Maria, prega per noi, Madre di Dio e Madre nostra.

La nostra preghiera, Madre, non disprezzare,

il nostro grido verso Te nella prova.

Santa Madre del Redentore.

Liberaci sempre da ogni pericolo,

o gloriosa Vergine benedetta.

Santa Madre del Redentore.

 

10 – LA MADONNA DEL ROSARIO                             

La tradizione di dipingere la Madonna della Misericordia che tiene delle persone sotto il suo manto si andrà a perdere, perché le esigenze sociali vanno cambiando: si sciolgono le confraternite a causa degli interventi pubblici di assistenza.

(foto:  La madonna del Rosario)     

Un fatto storico, invece, ha dato grandissima notorietà a un’altra iconografia della Vergine: la Madonna del Rosario, già famosa allora e ancor più oggi. Infatti, la vittoria delle navi cattoliche a Lepanto, che pose fine alla guerra contro l’Impero Ottomano (i Turchi), venne attribuita alla sua intercessione. Era il 7 ottobre 1571, giorno dedicato, oggi come allora, alla Beata vergine Maria del Rosario.

Il quadro che stiamo vedendo è per l’appunto quello della Madonna del Rosario.

Un capolavoro, un olio su tela, un quadro enorme di oltre 3 metri e mezzo d’altezza e 2 e mezzo di base (364x249 cm); una maestosa pala d’altare che, per questo motivo non va alle mostre ed è perciò poco conosciuta.

Si trova a Vienna nel Museo di Storia dell’Arte. Probabilmente è stato dipinto nel 1607 a Napolida Michelangelo Merisi, noto come il Caravaggio.

La scena è articolata su tre livelli. Al vertice sta il gruppo della Madonna e del Bambino, al livello intermedio i santi domenicani Domenico e Pietro martire ed altri frati dell’ordine, in basso un familiare del committente ed altri fedeli. La Madonna col Bambino, sul trono, sembra quasi dare il suo assenso, con un cenno della mano, a san Domenico che, vestito con l’abituale saio, ha in mano dei rosari, ed i fedeli, povera gente dai piedi nudi e sporchi, si rivolgono a lui inginocchiati, perché interceda affinché Maria faccia loro ottenere la desiderata grazia. All’estrema sinistra, vestito di nero ed in gorgiera, è ritratto Marcantonio Colonna, nonno del committente stesso. Il rimando alla famiglia Colonna starebbe, per l'appunto, nella grande colonna a sinistra alla quale è legato il grande drappo rosso che sovrasta la scena quasi come un sipario. I domenicani sono i propugnatori della pratica del Rosario, (lo erano già stati nel Medio Evo), e la tela li vuole esaltare.

Il "rosario" scaturisce da un'usanza medioevale che consisteva nel mettere una corona di rose sulle statue della Vergine; queste rose erano simbolo delle preghiere "belle" e "profumate" rivolte a Maria. Così nacque l'idea di utilizzare una collana di grani (la corona) per guidare la preghiera. Questa devozione fu resa popolare da San Domenico di Guzman, il quale, secondo la tradizione, nella prima di una serie di apparizioni ricevette, nel 1214, il primo Rosario dalla Vergine Maria, come un mezzo per la conversione dei non credenti e dei peccatori.

La tradizione religiosa riporta 15 promesse che la Vergine in persona avrebbe fatto sia a San Domenico sia al beato Alano della Rupe. Tra le altre vogliamo ricordare:

  • il Rosario sarà un'arma potentissima contro l'inferno;
  • esso distruggerà i vizi, libererà dal peccato, dissiperà le eresie;
  • farà fiorire le virtù e le buone opere e otterrà alle anime le più abbondanti misericordie divine;
  • sostituirà nei cuori l'amore di Dio all'amore del mondo, elevandoli al desiderio dei beni celesti ed eterni; il peccatore, si convertirà; il giusto, crescerà in grazia e diverrà degno della vita eterna;
  • i veri devoti del Rosario non moriranno senza i Sacramenti della Chiesa.

Non solo, ma ci sono anche 20 Promesse della Madonna a coloro che portano fedelmente con sé la corona del Rosario, tra queste:

  • tutti coloro che portano fedelmente la corona del Santo Rosario saranno da Lei condotti alFiglio;
  • saranno da Lei aiutati nelle loro imprese; 
  • impareranno ad amare la Parola e la Parola li farà liberi;
  • avranno una coscienza più profonda dei loro peccati e cercheranno sinceramente di correggere la propria vita.

Regina del Rosario, tu che a Lourdes ed a Fatima invitasti a pregare il santo rosario ogni giorno, per conservare e aumentare la fede, per ottenere luce e forza, per vincere le tentazioni e le difficoltà, per avere grazie speciali, la tua protezione, la gloria in cielo, noi ti preghiamo:

 

Ave, Maria…

 

 

(foto:  La madonna del Rosario + canto)

CANTO: SALVE REGINA

Salve Regina, Madre di misericordia,

vita dolcezza speranza nostra, salve,

salve, Regina. (2v.)

A te ricorriamo, esuli figli di Eva,

a te sospiriamo piangenti,

in questa valle di lacrime.

Avvocata nostra, volgi a noi gli occhi tuoi, 

mostraci, dopo questo esilio,

il frutto del tuo seno Gesù.

Salve Regina, Madre di misericordia,

o clemente o pia, o dolce Vergine Maria,

salve Regina. Salve Regina,  salve,  salve.

 

 

S. Bibiana, 20 ottobre 2016

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